Puglia

VIAGGIO NEL SALENTO E RITORNO: DIARIO DI BORDO DI UNA BALENA SPIAGGIATA

Ore 5.59 di sabato 22 maggio: nonostante abiti di fronte al palazzetto, Giulia non si è ancora presentata sul piazzale. Chiamo al cellulare: “Dove cavolo sei?” “Perché? Sto arrivando”. Sudo freddo. Giulia è troppo giovane e inesperta: non conosce ancora gli usi e costumi della truppa, quel modus operandi imposto dal “Generalissimo” per il quale il ritardo non è tollerato (quando non punito). Arriva di corsa, imbarca le valige e sale: il cucciolo del gruppo viene solo fulminato con lo sguardo. Lo stupore generale per la sfida temeraria si palpa nell’aria: dispiaciuta per la sua ingenuità, Giulia sa che non oserà mai più sfidare le regole. Sono le 6,02: si parte per la Puglia.

Posti rigorosamente assegnati sulla carta: ho la vista sulla porta del bagno del pullman. Felice come non mai: forse il “Generalissimo” sa della scarsa tenuta del mio sistema idraulico e ha voluto agevolarmi. Come da copione: sono la prima ad iniziare le danze, ma poi è un via vai di visite al wc per tutto il viaggio.

Spero in un po’ di fortuna, visto il tempo avuto fin qui: a Faenza è praticamente ancora inverno. Incrocio le dita e mi auguro una bella settimana di sole. Grazie al cielo per sette giorni abbiamo tempo splendido.

Sbadiglio e osservo i miei compagni di viaggio: poche le facce conosciute. C’è il “Generalissimo”, così efficiente e capace che lo metterei al posto di Bertolaso a dirigere la Protezione Civile. Poi c’è qualche pezzo da novanta del Personale, una colonna della Ragioneria, una punta di diamante della Segreteria, un ufficiale della Municipale e tante persone che non conosco, ma che si rivelano davvero gradevoli e di grande compagnia.

Ore 16,00: dopo circa 10 ore di viaggio e la visione del film “Natale a Beverly Hill”, arriviamo, stremati, al villaggio. Prendiamo possesso delle camere: una rinfrescata veloce e via al sopralluogo del posto.

Mi muovo come cagnolino impaziente di marcare il territorio: metto il naso in ogni dove, non vorrei mai che mi sfuggisse qualcosa. Il Blu Salento Village è bello: le palazzine bianche sono basse, il giardino è vasto e molto ben curato. La piscina è per grandi e piccini con annesso bar e un piccolo bazar che la truppa faentina visiterà regolarmente ogni sera. Lungo il giardino c’è una zona dedicata agli sportivi, pallavolo, tennis e calcetto, un teatro all’aperto, una tenda enorme per attività ricreative, uno spazio gioco per i bambini e poi, immediatamente al di là della strada, il mare.

Stupore, incredulità, meraviglia. Il mare del posto è splendido: il villaggio si affaccia su una baia di sabbia bianca bagnata da una piscina naturale da fare invidia ai Caraibi. Mi aspettano ore di passeggiate nell’acqua: domani si parte, passi lunghi e veloci, perché la cellulite è un avversario difficile. La sfida è aperta e spero di vincerla io.

All’ora di cena non rimane che perlustrare la sala ristorante. Il salone è enorme, regna l’abbondanza, la gente si accalca lungo il bancone del buffet, ce n’è per tutti i gusti: pasta, carne, pesce, verdura, frutta, dolci. Capisco che per la linea butta male. Sento le mie ” buzze” che se la ridono di brutto: perdere un chilo sarà davvero dura.

La giornata si chiude tra le braccia di Morfeo: l’aria del mare già si fa sentire ed il sonno mi divora. Sarà così per sette giorni, ma non per tutti: nel dopocena c’è l’angolo bisca, con la sfida a Burraco fino a notte tarda, molti stanno al piano bar, mentre altri ballano fino alle ore piccole.

Tra di noi c’è anche un’aspirante velina, selezionata qui al villaggio da una troupe di Berlusconi arrivata fin qui: se passerà la finalissima la rivedremo in TV. Io me la dormo, mentre lei firma autografi: vuoi mettere il valore se diventa famosa?

La vacanza scorre liscia come l’olio: parola d’ordine “svacco totale”. Dopo la colazione, si va in spiaggia, c’è posto in abbondanza per tutti.

Mi piazzo in un lettino sotto l’ombrellone: che pace. La spiaggia è semivuota, si può stare larghi ed evitare di ascoltare il vicino che racconta i dettagli della sua ultima colonscopia. Ma ho fatto male i conti: non siamo in Norvegia, ma in Italia. L’italiano ama seguire la massa, adora alitarti sul collo e vomitarti addosso tutti i cazzi suoi.

Bene. La supposta superiorità civile dei Padani si dissolve senza appello nelle acque del Salento: un gruppo di pensionati del Lombardo-Veneto rompe le balle per tutta la settimana. Funziona così: i faentini arrivano in spiaggia, si dividono a gruppetti e si piazzano a macchia di leopardo; poi arrivano loro, verificano gli appostamenti e si appiccicano come francobolli. Ma si può sapere cosa mi aspetto? Certi Lumbard sono fatti così: ruttano, si strofinano il pacco e ricordano al mondo intero di avercelo duro. Veri Lord Byron.

Certo che anch’io. Il libro che ho dietro ha un titolo perentorio: “Terroni”. E’ sul Risorgimento, su quello che fu e che nessuno (forse) ci ha mai raccontato, ma a vederlo da fuori non si capisce che è un libro pro-sud: sembra l’urlo sguaiato e volgare di qualche capetto del nord. Prendo coscienza di dove mi trovo e decido di togliere la copertina. Meglio tardi che mai: ho una mia sensibilità, dopotutto.

Ogni tanto abbandono il mio lettino e mi dirigo verso il mare. Obiettivo: andare avanti e indietro nell’acqua. E’ gelida, ma dopo un po’si sta da dio. Gli altri mi guardano con compatimento e intuisco che pensano che sono deficiente. Poi la diffidenza si attenua e cominciano a seguirmi, mentre i più temerari fanno il bagno: sono pochi ma buoni. Gigi nuota fino all’isolotto di fronte, così come la Romagnolo che a vederla nell’acqua si muove sicura e leggiadra come un pesce.

Io no. Ad essere sinceri sembro un goffo esemplare di balena spiaggiata: schiodarmi dal mio torpore è davvero un’impresa.

Ci riesce Marino, l’autista, che ha l’ardire di propormi una partita di tennis. E’ gentile e me lo chiede solo per cortesia: ha visto che ho le racchette e non resiste ad un gesto di galante cavalleria. Marino è un Signore, accenna lusinghieri timori, ma so che in cuor suo pensa che si annoierà, perché le donne non giocano a tennis, ma si scambiano la palla a non meno di 10 metri da terra. Per liberare lo spazio aereo sul campo si avvisa l’aeroporto di Brindisi: l’appuntamento è per mercoledì alle ore 18,00. Gli uomini amano prendere troppo sul serio certe loro convinzioni. E sbagliano.

La mia pigrizia è senza ritegno e peggiora di giorno in giorno. Grazie alla mia indolenza, mi perdo l’escursione al parco marino di Porto Cesario. E’ prevista per giovedì mattina, ma io passo. Mi raccontano che la spiaggia della “Prosciutta” è uno schianto.

Non mi perdo invece l’escursione a Lecce di venerdì mattina: la zona vecchia è un bellissimo museo a cielo aperto dedicato al Barocco. Tra le vie del centro storico rimango a bocca aperta: difficile vedere tanta opulenza architettonica tutta insieme. Ma tant’è.

Anche la parte vecchia di Gallipoli è meravigliosa: la visitiamo il lunedì sera mentre il mare amoreggia con la luna. La passeggiata lungo le mura che tratteggiano la costa, é suggestiva. Come Lecce anche Gallipoli è Barocca, ma non solo. Si respira l’influsso di varie epoche, è un tripudio di stili, ma tutto è armonico e ben curato. La città nuova si vede solo da lontano, ma mi basta: lo skyline è mostruoso, come solo certi geometri del dopoguerra sono stati in grado di fare. D’altro canto non c’è bisogno di andare in meridione per vedere lo scarto estetico tra il vecchio e il nuovo: la periferia di Ravenna è inguardabile, nemmeno la Polonia di Jaruzelski è così orribile sul piano edilizio.

La Puglia è bella: la regione del tavoliere cattura e regala un paesaggio contadino tutto coltivato a viti ed ulivi. Tradizione e modernità: nei campi, centinai di mulini a vento producono energia pulita. Il Tacco ha tanti problemi, li conosco bene, ma allo sguardo veloce del turista, questi non si vedono. Per una volta voglio chiudere gli occhi e pensare solo alle cose belle.

Mi piace. Ho deciso che la Puglia mi piace. Mentre siedo nel pullman per il viaggio di ritorno, penso alla vacanza e a come mi dispiace che sia già finita: sono stata bene e vorrei tornare indietro.

So che non si può. Arriviamo a Trani. Ci sono stata tanti anni fa, ma è così diversa che è come non ci fossi mai stata. La zona del porto è incantevole, la cattedrale è bellissima. La sosta è troppo breve per gustarla come si deve. Trani è una città “Slow food”: sento il richiamo dei tanti ristorantini all’aperto che si affacciano sul mare, ma non c’è tempo, si deve ripartire. Peccato.

Sosta a Cerignola per l’acquisto di sottaceti e poi, via, verso la Romagna. A Riccione piove come dio la manda: ecco che l’odore di casa si avvicina.

Sono le 20,30 di sabato 29 maggio. L’arrivo a Faenza spacca il secondo. Regolare.

Grazie a tutti per la bella settimana passata: grazie alle persone che non conoscevo, grazie alle colleghe che mi hanno “trainata al seguito” (loro malgrado) e un grazie particolare al “Generalissimo”, un comandante di brigata speciale, brillante e di grande compagnia che sa accudire con sapiente premura le proprie truppe. Sono davvero felice di esserci stata. Grazie di cuore.

Rita

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